mercoledì 27 giugno 2012

“La Pubblicità e il Corpo-oggetto : un altro modo esiste”


 Per noi Snoq Napoli  è importante riconfermare che la novità e  l’incisività  dell’impegno politico di SNOQ è nella tensione verso una trasformazione culturale che segni profondamente il cambiamento dei modelli nei rapporti relazionali, nel lavoro, nell’economia, nella rappresentanza puntando a una diversa qualità della vita del nostro Paese.

Il 13 Febbraio  siamo scese in migliaia in piazza
anche per mostrare la vera immagine delle donne italiane, donne responsabili, solari, orgogliose, creative, di lunga storia ed esperienza, competenti, infaticabili, amanti della bellezza, dell’impegno, dei valori della costituzione e della  democrazia; donne reali, lì  per denunciare anche che la televisione, la pubblicità, i media non davano assolutamente più da tempo una rappresentazione reale, autentica di noi tutte.

Sotto accusa, ancora oggi, da una parte  le strategie economiche  di una politica   neoliberista le cui ricette rigettano le donne nel precariato, sospingendole nella spirale assistenziale familiare ed escludendole da un possibile ruolo sociale; dall’altra l’arroganza  di  un  potere politico culturale dominante, fondato sui valori del denaro, del consumo, del mercato, che usa i media per condizionare bisogni e desideri, per  imporre  stereotipi  sessisti  che rappresentano la   donna  vittima, talvolta consenziente, di un  uomo, eterno cacciatore, padrone di oggetti e persone.
I recentissimi dati ISTAT sulla crescente e grave emarginazione sociale,  quelli  sulla violenza sessuale, stigmatizzati finanche da Amnesty International e dalla commissione ONU (rapporto CEDAW) infatti, sono la testimonianza  di una società che  stenta a compiere il suo processo civile di convivenza rispettosa delle diversità.


Oggi il CP di Se Non Ora Quando chiede al presidente della Rai “ il 50% di donne nel Consiglio di amministrazione e una nuova missione culturale della Rai nel loro segno e per cambiare, con tutta la ricchezza dei linguaggi che il mezzo offre, simboli e narrazione del paese”. Se Non Ora Quando? per la RAI

Ieri mattina 25 giugno, una delegazione di Snoq Napoli  ha discusso con l’Assessorato  alla Scuola e all’Istruzione  del Comune  la bozza per il nuovo progetto di educazione alla cultura di genere  per il  prossimo anno scolastico nelle scuole di tutti i gradi, dando continuità al percorso iniziato

Il lavoro fatto
L’iniziativa politica di Snoq Napoli di portare un focus su l’Immagine  e la Rappresentazione  della donna nasce giusto per opporre a questa politica svalutante e discriminatoria del genere un  modello culturale fondato sul riconoscimento simbolico e reale del ruolo che alle donne spetta nella organizzazione e nella gestione  della società, nella sfera pubblica ed in quella privata.

Il 31 maggio scorso, con la premiazione dei manifesti più originali e coerenti con il compito assegnato,  si è infatti conclusa la prima fase della campagna contro la pubblicità lesiva della dignità  della donna e  della persona lanciata da SNOQNapoli attraverso il concorso  “La Pubblicità e il Corpo-oggetto : un altro modo esiste”, rivolto agli studenti napoletani di ogni ordine e grado (dalle elementari all’Università) con il patrocinio del Comune di Napoli.










L’invito a smontare il modello proposto dalle pubblicità stradali e televisive ha raccolto l’adesione entusiastica  e fortemente partecipata di più di 200 studenti e studentesse e dei loro insegnanti.
Bravi le ragazze ed i ragazzi che si sono cimentate/i, brave le docenti che hanno raccolto e valorizzato l’iniziativa, buona l’idea che rilanciamo a tutti i Comitati Territoriali SNOQ, per un’iniziativa di rete.

Abbiamo portato nelle scuole una proposta di sensibilizzazione, di denuncia, di contrasto  sulla rappresentazione scorretta, irrispettosa, frustrante del Corpo-Oggetto, in particolare di quello  femminile, in ambito mediatico e nel discorso pubblico, espressione latente e non, di una aggressività e violenza maschile sempre più diffuse nel paese. La pubblicità sessista è per noi una delle radici della violenza sulle donne.

Nelle scuole sono stati strutturati  dei laboratori  di  osservazione  di immagini che ricorrono nelle pubblicità stradali di uomo, di donna, di bambini, ridotti a corpo/oggetto; di  decodifica  degli stereotipi e dei messaggi subliminali; di riflessione sui valori e sui modelli dominanti, sui miti del nostro tempo;  di  produzione  rappresentativa di un modo diverso di fare pubblicità. 
Voci   e sguardi   differenti per  età e  formazione culturale, pur nella loro specificità espressiva  ci hanno restituito una omogenea  critica su costumi e comportamenti della società.
La tempesta di immagini  stereotipate di corpi di donne ipertrofici  e seduttivi, di uomini palestrati, di bambine ammiccanti “adultizzate”, di bambini  omologati, privi di identità, inespressivi, esposti per  pubblicizzare una merce, trasformati essi stessi in merce  o in oggetti disponibili  di attrazione sessuale è lo specchio di una società nella quale i giovani non si riconoscono.










  
 Senza ipocriti moralismi alcune ragazze hanno manifestato il gusto dell’esibizione del corpo, la voglia di essere apprezzate, il desiderio  di un intervento estetico anche chirurgico per ritrovare una identità in cui riconoscersi, l’ambizione di sfondare nel mondo dello spettacolo. Tutto ciò non autorizza,tuttavia, a ritenere consequenziale la mercificazione del corpo, la sottomissione al potente di turno, la rinuncia al proprio cervello, la propria riduzione a bambola “Barbie”, l’erotizzazione  della “baby model”.
Alla  domanda  se è possibile liberare l’immaginario dagli stereotipi, dal sesso volgare, dalla trasgressione violenta, dal cattivo gusto, con una pubblicità “altra”, si è risposto dalle scuole con una generosissima produzione di messaggi ed immagini a sfondo ambientalista, pacifista, salutista, ludico, solidale, con la rappresentazione di volti autentici, di corpi  naturali, con gusto estetico  e rispetto della persona, per pubblicizzare un profumo per uomo, uno smalto per donna, un jeans  per bambini.















E’ possibile dunque rompere gli schemi: è questa la lezione di ottimismo che è stata raccolta dalle relatrici SNOQ nell’introdurre il  dibattito pomeridiano, tra  intellettuali, rappresentanti istituzionali, operatrici culturali e scolastiche, studiose del linguaggio di genere, di movimenti femminili e femministi, invitate a proseguire il percorso avviato, dalla contestazione  dell’immagine offensiva, all’ affermazione di una  nuova cittadinanza di genere nel consesso della Polis.

Sono state condivise le riflessioni su alcun problematiche ineludibili quali:
a)   la responsabilità collettiva nella perdita di valori, di sentimenti, di passioni, quando si sono assunte come universali  le distorsioni maschiliste nell’interpretazione dell’amore come violenza, della libertà come possesso, del desiderio come bisogno di consumo, dell’economia come spreco, del piacere come fobia sessuale, dell’essere come apparenza, del corpo come oggetto;
b)    la riproposizione di nuovi stereotipi di genere all’interno di un “sessismo democratico” per cui  se è vero che in uno stato di “diritto” è  “politicamente corretto” concedere  leggi  di parità alle donne, è altrettanto vero che  puntualmente le stesse siano state limitate o cancellate da  un potere maschile non disposto a rinunciare ai privilegi e ai principi di dominio e di sopraffazione sulla donna, storicamente acquisiti e riproposti   da una  cultura neopatriarcale;
c)    l’acutizzarsi della violenza maschile  contro il processo di  liberalizzazione dei rapporti praticato dalle donne. La libera scelta della donna nella gestione del suo corpo e dei suoi sentimenti,  la sua eventuale sottrazione al  rapporto possessivo  non è tollerata dal partner. Abituato ad imporre le regole del gioco egli  vive come diminuzione e come sconfitta un gesto di rifiuto che lo induce ad atti degenerativi di violenza, persecuzione, stalking,  femminicidio, che spesso la società tende a comprendere  o  giustificare.

E’ evidente il  contrasto stridente tra questa resistenza  maschile al cambiamento  e  la rapida trasformazione della coscienza delle donne che rifiutando ogni forma di subordinazione e di alienazione, non mirano certo  a contrapporsi al potere maschile, ma piuttosto ad affermare un diritto ed un desiderio  di costruire una società di pacifica convivenza e libera realizzazione delle persone:si tratta di operare un nuovo approccio culturale-relazionale,
La scommessa di una “rivoluzione culturale”si gioca su due piani:
quello istituzionale, attraverso la denuncia della violenza fisica e psicologica, la punizione rigorosa  nei confronti degli aggressori, l’assistenza alle vittime di violenza con supporti adeguati (centri antiviolenza, centri accoglienza); un adeguato lavoro e sostegno per gli uomini maltrattanti
quello della formazione ed educazione ai sentimenti, all’erotismo, ai linguaggi di genere che coinvolge in prima istanza la cultura scolastica, i media, i costumi e comportamenti collettivi.

Il lavoro che intendiamo fare
In tale direzione stiamo costruendo una rete di rapporti  sociali  per una  ampia articolazione di interventi che deve vedere protagonisti attivi, insieme al movimento Snoq e alle istituzioni municipali che stiamo coinvolgendo, genitori e studenti, giornalisti, pubblicitari, editori,  artisti  ed esperti multimediali, nell’obbiettivo di una azione di sensibilizzazione e di educazione al rispetto dei generi. Ipotizziamo quindi l’attivazione di un laboratorio sperimentale  che offra strumenti di comprensione, di  prevenzione e di contrasto  tra i quali :
1.    cogliere ed eliminare il sessismo dal materiale educativo;
2.    promuovere interventi di sensibilizzazione con genitori e case editrici;
3.    insegnare diritti e obblighi uguali tra maschi e femmine in famiglia, a scuola, nella società;
4.    fare attenzione ai giochi sin dalle scuole d’infanzia e al linguaggio nei libri di testo;
5.    sensibilizzare alle problematiche relazionali, al distinguo tra gioco e violenza;
6.    rilanciare un’educazione ai sentimenti, alla formazione del pensiero libero, al piacere del sesso nel rispetto del corpo e delle diversità.
7.    formare un’educazione alla cittadinanza con un esercizio quotidiano di attiva e consapevole  partecipazione alla vita della Polis.

Snoq Napoli

lunedì 11 giugno 2012

L’OBIEZIONE ALL’ABORTO È L’OBIEZIONE ALL’AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE


Il movimento Se Non Ora Quando? pone tra i punti fondamentali della sua azione politica nazionale la maternità libera, il rispetto cioè delle scelte della donna sia quando affronta l’esperienza della maternità, scelta libera nella sua autodeterminazione, possibile nella sua sostenibilità e responsabile nel suo valore etico, sia quando è dolorosamente costretta all’interruzione della gravidanza.

In ambedue i casi è la certezza dei diritti che rende attiva la cittadinanza, rompe la solitudine e l’isolamento della donna, e la pone al centro di una responsabilità civile, condivisa e solidale.

Il diritto all’aborto votato dal referendum del ‘78, e sancito dalla legge 194, oggi viene sostanzialmente negato dalla iniqua ripartizione di medici obiettori/non obiettori, da servizi insufficienti e inadeguati, dalla mancanza delle informazioni necessarie all’accesso, senza i quali il diritto alla maternità desiderata viene compromesso e la possibilità dell’autodeterminazione della donna non si concretizza.

I diritti alla contraccezione ordinaria, alla contraccezione di emergenza (la pillola dei 5 giorni dopo), all’aborto con la pillola Rsu486, all’aborto terapeutico, in Italia non vengono garantiti come nel resto d’Europa, anche a causa dell’obiezione di coscienza (clausola 9 inserita nella 194) sempre più estesa in un contesto di disinvestimento nel servizio sanitario pubblico, sia nelle strutture che nelle risorse umane.
Eppure l’adempimento al dettato della L. 194 è un obbligo la cui violazione è sanzionabile sotto il profilo civile e penale; non è in gioco il solo diritto all’interruzione di gravidanza, ma il diritto fondamentale alla salute della persona.
Seppure rispettiamo il principio del diritto all’obiezione di coscienza, oggi assistiamo ad un aumento degli obiettori non più compatibile con l’applicazione della L.194. ( La relazione ministeriale 2010 sull’applicazione della legge riporta percentuali di obiezione fino al 90% )

Inoltre riteniamo che all’aumento del numero degli obiettori corrisponda un ritorno dell’aborto nel privato. Chiediamo :


1)
di potenziare i consultori territoriali per favorire azioni di prevenzione e di cura

2) di garantire l’applicazione della legge 194 attraverso:
- la certezza dell’accesso alla prestazione
- l’efficienza delle prestazioni erogate
- le azioni a sostegno della salute psicologica della donna
- la diffusione delle informazioni per l’orientamento ai servizi


3)
di creare un Albo regionale dei medici e degli infermieri obiettori con obbligo di pubblicità nelle strutture pubbliche, accreditate e private

4)
l’obbligo per legge della presenza di un servizio pubblico specifico

5)
di organizzare concorsi riservati a medici non obiettori (proposta di legge del giurista De Filippis ** )

6)
campagne informative e progetti educativi di educazione sessuale. 

SNOQ Napoli propone che agli obiettori di coscienza, così come in campo militare, venga richiesto un impegno civile nel campo della prevenzione rivolto alla sensibilizzazione e alla formazione delle Donne e degli Uomini ad una vita sentimentale - sessuale  e genitoriale consapevole e responsabile 

Contemporaneamente che sia assicurato il diritto alla maternità desiderata per TUTTE le donne a carico della fiscalità generale. 
 

Comitato Se Non Ora Quando Napoli

Il buon medico non obietta  


* Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.

** «L’obiezione di coscienza» ha spiegato De Filippis «è un valore laico e costituzionale, non solo religioso. Per questo vanno stabilite regole che non la banalizzino e allo stesso tempo obbligano a che il servizio sia garantito». Tra le proposte inviate alle Regioni anche quella di consentire alle strutture ospedaliere che forniscono il servizio di Ivg «di avvalersi di medici gettonati per sopperire alle carenze di medici non obiettori laddove non si riesca a garantire un equilibrato bilanciamento fra i medici strutturati obiettori e non obiettori».

#save194


Pubblichiamo questa pagina postata oggi da vari blog sulla difesa della 194




Sembra, ogni volta, di dover ricominciare da capo.
Facciamolo, allora, e partiamo da una domanda. 
Questa: “tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri?”. La risposta è no.
Non possono farlo, non liberamente, e non nelle condizioni ottimali, le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale, drammaticamente limitata dalla legge 40.
Non possono farlo le donne che scelgono, o si trovano costrette a scegliere, di non essere madri: nonostante questo diritto venga loro garantito da una legge dello Stato, la 194.
Quella legge è, con crescente protervia, posta sotto accusa dai movimenti pro life, che hanno più volte preannunciato (anche durante l’ultima marcia per la vita), di volerla sottoporre (di nuovo) a referendum.

L’articolo 4 di quella legge sarà all’esame della Corte Costituzionale – il prossimo 20 giugno – che dovrà esaminarne la legittimità, in quanto violerebbe ” gli articoli 2, (diritti inviolabili dell’uomo), 32 I Comma (tutela della salute) e rappresenta una possibile lesione del diritto alla vita dell’embrione, in quanto uomo in fieri”.

Inoltre,  quella legge è svuotata dal suo interno da anni. Secondo il Ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci (per inciso, i cattolici praticanti in Italia, secondo i dati Eurispes 2006, sono il 36,8%): in pratica, si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009 per quanto riguarda i ginecologi, per gli anestesisti dal 45,7 per cento al 51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento. Secondo la Laiga, l’associazione che riunisce i ginecologi a difesa della 194, i “no” dei medici arriverebbero quasi al 90% del totale, specie se ci si riferisce agli aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali romani che eseguono aborti terapeutici, i medici disponibili sono due; tre (su 60) al Secondo Policlinico di Napoli. Al Sud ci sono ospedali totalmente “obiettanti”. In altre zone la percentuale di chi rifiuta di interrompere la gravidanza sfiora l’80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano. Siamo sopra l’85% in Basilicata. Da un’inchiesta dell’Espresso di fine 2011, risulta che i 1.655, non obiettori hanno effettuato nel solo 2009, con le loro scarse forze, 118.579 interruzioni di gravidanza, con il risultato che più del 40% delle donne aspetta dalle due settimane a un mese per accedere all’intervento, e non è raro che si torni all’estero, alla clinica privata (o, per le immigrate soprattutto, alle mammane). Oppure, al mercato nero delle pillole abortive.
Dunque, è importante agire. Vediamo come.

Intanto, queste sono alcune delle iniziative che sono state prese:
1) Lo scorso 8 giugno,l'AIED  e l' associazione Luca Coscioni hanno inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge. “Siamo altresì pronti a monitorare con attenzione l’applicazione corretta della legge e, se necessario, a denunciare per interruzione di pubblico servizio chi non ottempera a quanto prevede la legge”, hanno detto.
Le proposte sono:
Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.
2) La scorsa settimana ha preso il via la campagna contro l’obiezione della Consulta di Bioetica Onlus: qui trovate le informazioni e qui   il video.

Diffondere queste informazioni è un primo passo. Ce ne possono essere altri. Fra quelli a cui, discutendo insieme, abbiamo pensato, ci sono:
1) Raccogliere testimonianze. Regione per regione, città per città, ospedale per ospedale, segnalateci gli ostacoli nell’accesso all’IVG e alla contraccezione d’emergenza. Potete farlo anche in forma anonima, nei commenti al blog. Ma è importante: perché solo creando una mappa dello svuotamento della legge è possibile informare su quanto sta avvenendo ed eventualmente pensare ad azioni anche legali.
2) Tenere alta l’attenzione in prossimità del 20 giugno. Lanciate su Twitter l’hashtag #save194, fin da ora.
L’intenzione di questo post è quella di informare. Non è che il primo passo: perché la libertà di scelta continui a essere tale, per tutte le donne italiane.

postato in contemporanea da